“Il pensiero ecologico può oggi fornire la più rilevante sintesi di idee che vi sia stata dopo l’Illuminismo. Può aprire prospettive per una pratica che possa veramente cambiare l’intero paesaggio sociale dei nostri tempi.”
Murrey Bookchin, Filosofo, sociologo, storico ambientalista e saggista americano (1921 – 2006)
L’economia fondata sul consumo indiscriminato delle risorse naturali, consumi di massa a basso costo, prodotti fatti prendendo a prestito le risorse dal futuro creano un debito ecologico. Consumiamo più risorse di quanto la Terra è in grado di ri – generare. Per far crescere l’economia usiamo un terzo in più delle risorse che il nostro pianeta rinnova ogni anno, prendendo la differenza dalle risorse non rinnovabili. Se nel 2030 l’umanità conterà 9 miliardi di persone, e se queste consumassero come attualmente fa un cittadino degli USA, avremmo bisogno di altri sei pianeti, pari ad altri 2.000 chilometri cubi di acqua dolce per sfamarci tutti. Ma non esiste un pianeta di scorta e poiché la nostra esistenza dipende proprio dalle sue sorti, dovremmo cominciare a preoccuparcene di più.
Voglio ricordare, in proposito, un dato che infastidisce e cioè che oggi, il rinomato e blasonato DESIGN, lavora solamente per il 10% del mondo. E ’ora che i progettisti si occupino veramente di progetti e prodotti di solidarietà molto più significativi dei soliti oggetti esposti al Salone del Mobile. E ’giunto il tempo per le Aziende di rendere più etici e sostenibili i loro cicli produttivi e prodotti, assumendosi una diversa responsabilità di impresa sociale. I consumatori devono impegnarsi a non sprecare le risorse ambientali, di avere maggior rispetto e cura di elementi fondamentali per la nostra vita come l’aria, la terra e l’acqua.
Accanto al nostro mondo occidentale viziato dalle comodità, c’è un’altra parte del mondo che non ha mezzi per la sopravvivenza, che chiede progetti di collaborazione e prodotti per il trasporto, la potabilizzazione e la sanificazione dell’acqua, che chiede oggetti che li facciano vivere meglio, e noi progettisti dobbiamo lavorare in questa direzione.
Perché tutto ciò non rimanga solo una dichiarazione di principio è necessario che, in modo ancora più incisivo ed influente, questi elementi siano in grado di determinare l’assegnazione dei plus futuri sui consumatori. Si creerà così una coscienza ambientale ed ecologica nei consumatori e questi prodotti potranno contribuire ad indirizzare verso nuovi stili di vita più sostenibili. L’inquinamento, il consumo delle risorse, l’inefficienza dei nostri sistemi di riciclo, sono ormai temi cari a tutti e il problema va affrontato in ogni segmento, anche e soprattutto nel design, attraverso la progettazione di nuove famiglie di prodotti e di sistemi.
Il contributo dei designer e delle aziende si deve focalizzare sviluppando strategie in questa direzione, creando nuove figure professionali che abbiano parametri e conoscenze diverse dalle attuali, con l’obbligatorietà di essere consapevoli che progettare prodotti significa partecipare ad un modello di sviluppo dei consumi. Un design quindi più attento alle reali necessità delle persone (Design for the other 90%) e alle loro priorità potrà favorire il consumo di prodotti più utili socialmente, più durevoli, più sicuri, e garantire un godimento estetico e funzionale nel rispetto dell’ambiente e delle risorse a nostra disposizione, un consumo quindi di prodotti “intelligenti”
L’approccio edonistico dovrà essere sostituito con un approccio più etico e consapevole, che molto riguarda l’onestà intellettuale. Questi cambiamenti indotti e messi ancora più in evidenza dalla crisi economica che viviamo mentre sto scrivendo queste riflessioni, dovrebbero essere colti come un’opportunità, per resettare comportamenti e stili di vita che difficilmente potranno tornare al passato e che hanno comunque generato una dispersione di energia, cumuli di prodotti e oggetti che hanno riempito le nostre case a volte senza essere mai usati. Abbiamo vissuto anni di consumismo irripetibile, una ubriacatura da dipendenza cronica del marchio, del brand, delle ricerche di mercato, degli exit pool. Oggi la cultura del progetto deve tornare a soluzioni individuali, al diverso, all’unicum, alla rivalutazione di certe pratiche artigianali che stanno sempre più scomparendo, alla cultura del riutilizzabile, dell’oggetto multifunzione, al fatto che le future merci siano, una volta dismesse, valore per altre merci future da progettare ed utilizzare.
Più prodotti veri, più idee, e una Cultura del Progetto più consapevole e più etica, potranno essere le chiavi di lettura per la risoluzione di problemi ambientali e sociali, temi oramai improrogabili e che saranno la sfida dei prossimi anni.
(Roberto Marcatti)
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