A fronte di rincari che sfiorano anche il 400% il comparto ceramico trema. I costi rendono insostenibile la produzione, nonostante il mercato sia florido
Il costo dell’energia è ormai ai primi posti nelle agende delle industrie e delle associazioni che le rappresentano. “La spesa per il gas era di circa 250 milioni l’anno ma le nostre previsioni per il 2022 ora la stimano in 1,25 miliardi. Dato che il fatturato non arriva a 6 miliardi è praticamente impossibile aggiungere un miliardo ai costi e rimanere sostenibili”, ha dichiarato Giovanni Savorani, Presidente di Confindustria Ceramica.
Non a caso, nonostante il settore goda di buona salute dal punto di vista delle vendite e della domanda – secondo Prometeia +12% di produzione rispetto all’ultimo anno “normale”, il 2019, e +13%, di esportazioni – sempre più aziende stanno prevedendo una serrata perché impossibilitate ad affrontare i costi industriali. Per esempio Gruppo Romani spa, protagonista a livello mondiale nella produzione e commercializzazione di ceramica (produce circa 8 milioni di mq l’anno nei tre stabilimenti produttivi di Rubiera, Roteglia e Olbia), ha scelto di chiudere i battenti a gennaio. Così ha spiegato a Il Resto del Carlino il presidente Giorgio Romani: “Purtroppo è più conveniente: non è possibile produrre a questi prezzi perché non si riesce a trasferirli sul mercato, che ha già recepito a fatica 1,2 euro di incremento a settembre. Il rischio è che si fermi il nostro distretto ceramico e il Paese intero, perché non c’è un’energia alternativa, a costi accessibili, capace di reggere produzioni che hanno un alto bisogno di energia. La ’svolta verde’ va bene ma con i dovuti tempi”.
Il problema sostanziale è che il settore ceramico, così come quello dell’acciaio, del vetro e della carta, è energivoro. “Il costo energetico complessivo delle ceramiche è formato circa di due terzi da quello del metano e un terzo dal costo dell’energia elettrica. Il metano è quindi indispensabile e non esiste un’alternativa in questo momento”, ha detto Savorani. Ci sono quindi aziende che stanno attivando la cassa integrazione pur in presenza di ordini sostanziosi, mentre altre usano strumenti quali la fermata per manutenzione o il porre in ferie gli addetti per prendere tempo. E c’è chi sta pensando di lavorare di notte e chi nei weekend per risparmiare sulle bollette. Il mese di febbraio è cruciale per capire chi ripartirà, anche a rischio perdite, e chi no. Si può pensare a un adeguamento dei prezzi ma sarà comunque graduale mentre le bollette aumentano molto velocemente.
“Sono urgenti e necessari interventi per calmierare l’insostenibile situazione del gas naturale”, specifica Confindustria Ceramica in un comunicato. “Una prima misura potrebbe essere la sostituzione di quota parte del gas di importazione con altro di produzione nazionale, a prezzi calmierati ed inserito all’interno di un percorso di transizione energetica”.
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