All’interno della mostra celebrativa dei 50 anni della nostra rivista, ha riscosso grande successo l’area dedicata ai progetti degli studenti della Masterclass in Interior Design dell’Istituto Europeo di Design di Milano. A loro abbiamo affidato il compito di guardare al nostro futuro e di immaginarlo tenendo conto dei cambiamenti culturali, sociali e ambientali in atto. Il risultato? Tre team, tre scenari, tre progetti, un principio: l’inclusività.
Suddivisi in tre team, guidati dal docente e architetto Paolo Bellisario, con il coordinamento dell’architetto Giorgio Grandi, gli studenti del Master in Interior Design proposto dallo IED di Milano, giovani designer, architetti e grafici ci hanno proposto la loro personale visione dell’ambiente bagno in ambito pubblico, proiettandosi nel futuro a partire da… domani.
Il cambiamento infatti è urgente. “Sono le nuove generazioni a essere interpreti dei mutamenti di gusto e portatrici di nuovi valori, da applicare anche agli interni di ambienti pubblici e privati – ha dichiarato Giorgio Grandi. – Il messaggio che emerge dai loro progetti è inequivocabile: in questo preciso momento storico, il bagno rappresenta non soltanto una parte della nostra identità, ma incarna anche una rilevante dimensione antropologica, contribuendo alla formazione della società e alla promozione della cultura civica”.
Le proposte presentate alla nostra Redazione, concepite e discusse in funzione della tesi finale del corso 2022/2023, sono risultate da subito interessanti per il contesto in cui i progetti sono stati calati: un centro commerciale, un aeroporto, una scuola materna. Nei primi due casi, i progettisti hanno cercato di dar vita alla creazione di spazi modulari, flessibili, adatti a svariate esigenze; nell’ultimo ha prevalso la funzione educativa, dall’uso dell’acqua e del suo riciclo, alla definizione di ambienti capaci di favorire la ricerca d’identità. In un’ottica di rest-room pubbliche e polifunzionali, gli studenti del Master hanno voluto ideare luoghi in grado di rispondere alle più ampie necessità e al più ampio pubblico possibile, per genere, anagrafe e bisogni. “
Roo.Me, Kaloo e Be.You, sono i titoli che i nostri team hanno assegnato ai tre progetti esposti in mostra – ci ha spiegato Paolo Bellisario. – A realizzarli sono stati gruppi di lavoro formati da giovani professionisti di nazionalità diverse. Nella loro varietà, questi progetti raccontano spazi ibridi concepiti per soddisfare le esigenze di un’utenza variegata, da far sentire a proprio agio, proprio grazie a un sapiente uso dello spazio”. Con i loro progetti, i tre team hanno previsto una dimensione intima e privata, in una prospettiva capace di intepretare in chiave contemporanea i concetti di inclusività e accessibilità in ogni forma.
Be.You
Il progetto Be.You è firmato da Michelle Grinstein Mostajo, Ibrahim Etman e Camilla Pasinato: tre continenti, tre culture, tre visioni diverse conciliate in questo progetto che ha l’obiettivo di enfatizzare le differenze tra persone, al fine di promuovere il concetto di uguaglianza. Nel progetto, una linea bianca disegna un percorso ipotetico, mentre gli elementi che costituiscono il corpo centrale, fanno parte di individui differenti e rispecchiano i moduli del progetto architettonico, articolato intorno a tre tipologie di spazi distinti: privati, semi-privati e pubblici. Questi spazi offrono ai fruitori un percorso da esplorare e scoprire, in una ricerca che sul piano formale può passare a quella esistenziale, per condurre a una ricerca del sé più autentica. Il viaggio reale che si effettua transitando da un aeroporto, diventa così l’occasione per una profonda introspezione. “Be You”, sii te stesso, è questo il messaggio più profondo, insito nel progetto.
Il team ha riflettuto sul fatto che in un aeroporto si incontrano individui di ogni tipo che possono aver bisogno di momenti di riposo. Si tratta di luoghi neutri che non accolgono soltanto generi diversi, ma anche etnie, culture e religioni diverse, in un’idea di identità che va oltre le categorie predefinite. Pertanto, il gruppo ha creato dei moduli flessibili, spazi adattabili in cui ci si può fermare, meditare, ricevere assistenza medica, qualora ce ne fosse bisogno, rispettando la privacy di ciascuno. Il concetto alla base di questi spazi è un percorso che può apparire labirintico, rispecchiando la frenesia della vita quotidiana, ma che aiuta a ritrovarsi, anziché a smarrirsi. In aeroporto, si è in una condizione transitoria, in un ambiente vasto che può far percepire solitudine e disorientamento. Con una progettazione modulare che si presta ai cosiddetti non luoghi – aeroporti, stazioni o centri commerciali – gli ideatori di Be.You, hanno voluto offrire degli spazi che mitigassero confusione e turbamento, per far fronte a ogni necessità.
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