Il tema “sociale”, trasversale agli argomenti trattati precedentemente (stile, etica, materiali, tecnologia, valore) nello spazio dedicato ai "Grandi temi dell'areddobagno", si pone come punto di partenza e punto di arrivo per qualunque attività di progettazione e realizzazione di una soluzione per la stanza da bagno.
L’accezione “sociale” applicata alla progettazione di arredi e spazi destinati all’area bagno spesso ed erroneamente fa riferimento a categorie di persone specifiche, quali diversamente abili e anziani, mentre in realtà tale accezione andrebbe rapportata sempre e comunque a prodotti e progetti destinati a tutti e volti a migliorare la vita e la quotidianità di tutti, a mutarne le abitudini e a soddisfarne i bisogni. Ne ne abbiamo discusso con Francesco Zurlo, Professore Ordinario di Disegno Industriale al Politecnico di Milano, impegnato in prima persona in una serie di pratiche innovative che toccano direttamente o indirettamente non solo elementi legati al design sociale, ma anche a quello strategico e al management.
Il design sociale può essere considerato un approccio metodologico che spinge chi progetta a concepire oggetti o sistemi che incidano in modo positivo sulle abitudini dei destinatari, rispettando contaminazione tra culture e mutate esigenze sociali. In uno scenario così variegato, qual è il metodo giusto da adottare?
Sono diversi gli aspetti da considerare per un corretto approccio metodologico: dall’innovazione delle pratiche legate alla società stessa, alle questioni di genere, agli squilibri, all’integrazione e ai problemi legati alle comunità. Al momento sto seguendo il progetto “Longevicity: Social Inclusion for the Elderly through Walkability”, finanziato dalla Fondazione Cariplo, con l’Università Bicocca di Milano e il RCAST (Research Center for Advanced Science and Technology) dell’Università di Tokyo. Stiamo studiando la percorribilità dei percorsi urbani, per far muovere in sicurezza le persone anziane, con l’obiettivo di facilitare le occasioni aggregative e l’integrazione sociale. Attraverso una ricerca empirica basata su delle interviste che abbiamo condotto, sulla valutazione dei luoghi che a Milano presentano una più alta capacità di incidenti in riferimento alle diverse fasce demografiche, abbiamo dato vita ad attività di design partecipato, di Co-design, per definire delle linee guida che ci aiutino a rendere una città inclusiva, a misura delle persone anziane e di chi ha una disabilità. In quest’ottica il design offre una visione sistemica, svolge un ruolo strategico, collaborando in qualche caso con le amministrazioni locali, per migliorare la qualità della vita di un certo gruppo di persone, generando coesione sociale e consolidando l’idea di comunità.
Si tratta, quindi, di un approccio onnicomprensivo basato su una progettazione trans generazionale che non banalizzi il concetto di Design for all. Quali possono essere gli interventi su scala urbana per l’immediato futuro?
“Sempre muovendoci sul tessuto sociale, penso al social housing, un tema che al Politecnico affrontiamo da diversi anni, partendo da un’intuizione interessante: prima di pensare alla progettazione di luoghi condivisi, bisogna costruire la comunità, far incontrare persone differenti per età, fasce di reddito, culture e provenienze geografiche. Una volta identificate le caratteristiche di questo insieme embrionale, è più facile comprendere quali sono le buone pratiche da portare avanti.
Questo che avete letto è un estratto dell’articolo che si trova sul numero 316 del Bagno Oggi e Domani che potete leggere QUI.
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