L’industria 4.0 ci spinge a ritenere possibili alcuni futuribili scenari, dalla mutata interazione tra uomo e macchina, con quest’ultima che sembra essere in vantaggio sull’uomo. L'intervista a Stefano Maffei, direttore del PoliFactory di Milano
“Bravi materializzatori di idee”, è questa la definizione che il professor Stefano Maffei usa dare al PoliFactory, laboratorio di ricerca del Politecnico di Milano, del quale è il responsabile scientifico. Una fucina di idee, intelligenze e tecnologie combinate insieme per sperimentare nuovi processi legati a design e produzione, dove è davvero possibile prospettare concreti scenari per il futuro della manifattura, che inevitabilmente si deve trasformare. Per Stefano Maffei un buon designer oggi deve partire dal generare un buon problema o delle buone domande, per poi arrivare a proporre delle soluzioni, mirate alle esigenze della società contemporanea.
Visto dal Polifactory, come appare il futuro della produzione industriale? Come sarà condizionato dalle nuove tecnologie? Penso, ad esempio, all’introduzione delle stampanti 3D, recentemente impiegate per produrre rubinetti…
Al momento è improbabile che questa tecnologia sostituisca gli attuali sistemi di produzione e che sia in grado di garantire la durabilità di un miscelatore che normalmente viene cambiato ogni 10, 15 o addirittura 20 anni, al termine di un ciclo abitativo. I sistemi più avanzati che potrebbero garantirne la tenuta hanno dei costi molto più elevati di quelli industriali. Per giustificarne il prezzo, bisognerebbe solo ideare qualcosa di sperimentale. Ad esempio, all’interno di un miscelatore si potrebbe installare una micro turbina per generare corrente, da utilizzare per ricaricare lo spazzolino elettrico, per il rasoio o l’asciugacapelli. Solo in virtù del risparmio energetico, generato dalla turbina, si potrebbero giustificare i costi maggiorati del prodotto.
Considerando invece la prospettiva dell’utilizzatore, come si può immaginare un bagno tecnologico?
“Nel complesso lo immagino meno bagno, con dei moduli camera che riconfigurano gli spazi, pareti attrezzate come elementi divisori, per annullare la tradizionale separazione tra le stanze. Alcune funzioni andrebbero mantenute private, mentre altre, legate al lavarsi e al prendersi cura del corpo, non andrebbero nascoste e dovrebbero valorizzare gli ambienti stessi.
Il designer come dovrebbe porsi, nel disegnare oggetti o nel concepire l’ambiente nella sua interezza? In che modo può dialogare con le nuove tecnologie?
Uscendo dal passato e trasformando le competenze da verticali a orizzontali, con un approccio sistemico che lo spinga non tanto a generare prodotti, quanto a proporre soluzioni che includano una serie di aspetti più articolati. Penso all’installazione, la personalizzazione, la manutenzione, lo smistamento a fine ciclo di vita, il recupero ecologico, alla possibilità di accedere ad aggiornamenti tecnologici.
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