"Non c’è ora la possibilità di fare delle pianificazioni a lungo termine. Ci vuole molta forza mentale e lucidità. Ora dobbiamo continuare a lavorare facendo quello che serve e facendolo al meglio".Le parole di Marco Novellini, AD di Novellini Spa
“Sei stato l’ultimo ad uscire da quella porta, sei sempre stato a fianco della nostra squadra”. Il 25 marzo Barbara Novellini ha postato su Instagram la foto del fratello Marco, AD della Novellini Spa, che chiude l’azienda specializzata nella produzione di box doccia, piatti doccia, colonne doccia e cabine doccia. Un’immagine iconica che ci ha toccato il cuore. Oggi che la Novellini Spa ha riaperto i battenti lo abbiamo intervistato.
Come un fiero capitano è stato l’ultimo ad abbandonare la nave. Ci racconta come avete vissuto questo periodo?
È stata dura, innegabilmente. Abbiamo chiuso l’azienda il 26 marzo, ma già dal 2 marzo avevamo dimezzato la produzione. Abbiamo continuato però a spedire all’estero. Personalmente andavo in fabbrica dalle 7.30 del mattino e ho fatto di tutto, dal portinaio al manutentore. Mi sono ritrovato a dover gestire una situazione straordinaria, tanto che ho fatto un gesto che non è affatto nelle mie corde. Il 9 marzo ho convocato tutti i primi livelli operativi, eravamo in 12. Ho preso la parola e ho detto: “Il capo sono io. Adesso dovete seguire ciò che vi dirò alla lettera”. Io che sono agli antipodi ho dovuto ricoprire il ruolo di “uomo forte solo al comando” per salvare l’azienda. C’era e c’è bisogno di una direzione chiara. Ogni settimana stabilisco quante persone devono lavorare e quanti pezzi devono essere prodotti. Dopodiché la nostra squadra che è composta da persone molto in gamba ed estremamente disponibili, si muove in completa autonomia. In generale queste settimane di chiusura ci sono comunque servite a riorganizzare l’azienda dal punto di vista logistico, della supply chain, della produzione. Abbiamo lavorato tanto sulle strategie da adottare. Il 14 aprile abbiamo riaperto poi il magazzino centrale e il 20 aprile abbiamo ricominciato a produrre al 35-40 per cento. Tutti i servizi invece sono rimasti in smart working. Abbiamo fatto un protocollo nostro di sicurezza aziendale, condiviso e sottoscritto dai sindacati. Adesso dobbiamo capire come evolverà la situazione. Non ci sarà l’adrenalina dei tempi migliori ma non dobbiamo deprimerci e mantenere uno stato di lucidità assoluto. Dobbiamo avere nel cuore l’azienda, metterla al centro, perché è nel futuro di tutti, nostro e dei dipendenti.
È possibile oggi ipotizzare i numeri della ripartenza?
Nessuno può conoscerli perché manca una variabile fondamentale: il nuovo fabbisogno del mercato. Durante la crisi 2008-2009, che è stata pesantissima, i numeri si conoscevano. Allora siamo passati da 4000 box doccia prodotti al giorno a 3200, con un calo del 20%. All’interno di questo perimetro è stato possibile fare dei piani. Oggi le domande “Quanti pezzi bisogna produrre? Per quanto tempo?” non hanno una risposta. È cambiato il paradigma. Bisogna essere reattivi e avere una capacità di virata elevatissima. Siamo già abituati a rispondere alle richieste in modo repentino ed efficace. Ma adesso sarà ancora più importante. Non c’è ora la possibilità di fare delle pianificazioni a lungo termine. Ci vuole molta forza mentale e lucidità. Ora dobbiamo continuare a lavorare facendo quello che serve e facendolo al meglio. Dall’altra parte dobbiamo stimolare il mercato ancora più di prima, metterci in ascolto dei clienti per comprendere le nuove necessità e priorità. Per esempio, è sempre più importante il tema della sicurezza. Non solo. Tra i prodotti prevedo che si dovrà puntare sull’Home Spa, perché il benessere in casa è diventato un grande valore così come la bellezza. Sono ottimista e credo che il nostro canale non sarà così devastato dalla crisi.
La Novellini ha da sempre una dimensione internazionale. Come cambia la situazione nelle diverse nazioni?
Italia, Francia, Spagna e Belgio hanno avuto una frenata molto brusca della domanda. L’apertura degli showroom del 18 maggio in Italia è troppo posticipata. Si rischia di perdere un ulteriore mese. Ma ci sono Paesi in cui le cose sono andate diversamente. Per esempio l’Olanda non si è mai fermata e oggi stiamo addirittura crescendo. Austria e Germania sono più o meno stabili. La domanda è come reagiranno i diversi Paesi alla crisi. In generale la ripresa passerà dalla capacità dei governi di sostenere i vari sistemi economici. In Italia ho condiviso la serrata per decongestionare le strutture sanitarie e limitare la diffusione del virus, ma credo che avremmo potuto riaprire prima seguendo naturalmente i protocolli di sicurezza.
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