[Affidiamo a Oscar G. Colli il nostro ricordo di Maurizio Borghetti, scomparso tragicamente lo scorso 19 luglio a Cesena] Caro, Maurizio, buon giorno. Ho preso carta e penna, come si faceva nei nostri lontani anni giovanili, perché avevo desiderio di scriverti una missiva, con qualche accenno al comune passato remoto ma anche prossimo, senza per altro voler attendere una Tua risposta.
Ci eravamo visti e scambiato impressioni generali, non molto tempo addietro, orami a ridosso delle vacanze Ricordi dove eravamo? Nei giardini dell’hotel Villa Aminta a Stresa, in una fase di intervallo dei lavori del convegno di Assobagno. Ci siamo messi a rimirare il quadro naturale che si apriva davanti a noi: le Isole Borromee, i motoscafi con turisti a bordo, e i battelli di linea, più un paio di “burchielli” di pescatori che andavano a posare le proprie reti in quel tratto del Lago Maggiore, sul far di una caldo e sereno pomeriggio di piena estate, soffermandoci sulla Tua proposta di vederci, sicuramente al Cersaie e ripromettendoci di realizzare quel progetto di accompagnare – un comune amico di Brisighella – in un giro nei padiglioni dedicati all’arredobagno e fargli (insieme a te) un “regalo” da lui non atteso! Ma sarei dovuto arrivare in Effegibi, prima della fiera bolognese di fine settembre, onorando un esplicito invito che gentilmente Tuo fratello Marco mia avevo fatto, alla metà dello scorso luglio, con una simpatica sua e-mail. Dalle Tue parti io sono infine arrivato e in prossimità del mese di agosto, ma nel centro di quella città della Romagna non ero solo. Una moltitudine di volti noti, di comuni amici e conoscenti, riempivano la piazza antistante il Duomo, in un inusuale e diffuso parlottio a bassa voce fra gruppetti. Avevo portato un fiorellino, quello che – come tu sai – io metto all’occhiello e che ti ho lasciato: micro-simbolo di una forte e lunga nostra amicizia. E mentre facevo quel gesto di minuscola donazione, mi sei venuto alla mente con il tuo abituale e sempre coinvolgente sorriso carico di spontanea bonomia e sconfinato altruismo. In quell’istante – quasi surreale – ho lucidamente rammentato in sequenza filmica le nostre zingarate vicine e lontane e, poi, i primi incontri operativi con Giovanna Talocci; l’invio che mi facesti di immagini fotografiche, dal Paese dei Suomi, di Carlo Urbinati che “provava” le saune finlandesi in loco. E mi sovviene quel giorno che mi annunciasti il ritorno in area di Gianni di Blasio, cui affidavate l’esportazione, nel momento dell’avvenuto passaggio della gestione a Tuo fratello Marco. Nel frattempo ti eri ritagliato un ruolo istituzionale a misura: le relazioni con un esterno, sempre più ampie e interessanti per la Vostra struttura, che hai saputo condurre, con la Tua correttezza e trasparenza unita all’empatia coinvolgente, l’accompagnamento di tutti i Vostri oggetti destinati al benessere senza confini, che escono dalla sede operativa nei sobborghi della vostra città natale. Con l’ingresso in Assobagno, dove avevi trovato colleghi coi quali scambiare sensazioni di mercato e ai quali avevi saputo dimostrare tutta la Tua voglia di vivere e condividere, donando tanta attenzione agli altri: tu Figlio genuino come le sue Genti di questa Terra generosa e solare che è la Romagna.
Ciao Maurizio, il fratellone che non ho mai avuto (e che portava il nome di mio padre). Non ci siamo più incontrati dalla fine dello scorso giugno e mi sei mancato molto. Ora mii appresto ad andare in Fiera a Bologna, con una percepibile tristezza di chi si sente come “abbandonato”, avviandomi a concludere questa mia lettera, esprimo nel congedarmi con una piccola frase che fissa in modo silente ma preciso “il momento”. Sono consapevole che è una affermazione che appartiene ai Tuoi luoghi, quelli “del Passatore”. Linguaggio espressivo che ho imparato a riconoscere ed apprezzare e con il quale mi avresti amabilmente apostrofato: “Ma Patacca, che fai ti metti a piangere?” Sì, mio carissimo Amico Maurizio, e a dirotto, mentre firmo queste righe dedicate a te. Tuo Oscar
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