Attualità

ONE TO ONE TO DESIGN #337 | I designer García Cumini raccontano la collezione Vitruvio by Agape

La collezione di specchi Vitruvio, progettata da García Cumini per Agape, guarda alla classicità con occhi leggeri e contemporanei, non tralasciando l’attenzione alle proporzioni e alla bellezza utilizzate come parti funzionali del progetto. Ecco uno stralcio dell'intervista ai designer pubblicata sul numero #337 del Bagno Oggi e Domani

L’elaborazione del progetto di uno specchio è molto complessa perché il designer, oltre a tener conto del suo aspetto e della sua funzionalità, deve anche garantire che le immagini riflesse, della persona e dell’ambiente, siano restituite al meglio, senza alterazioni né ricostruzioni ingannevoli. Lo specchio rivela la forma della nostra identità, senza di esso, senza la riproduzione della nostra immagine, potremmo solo ipotizzare delle possibili forme di noi stessi. Attraverso lo specchio percepiamo la qualità tridimensionale dello spazio che è alle nostre spalle, nonostante lo specchio stesso sia un oggetto in cui è prevalente la bidimensionalità. Lo specchio è un enigma in cui la profondità, per rivelarsi, non richiede uno spazio fisico, ma solo il nostro sguardo. Davanti allo specchio Vitruvio si sovrappongono le intenzioni contemplative, oltre ad ammirare il nostro ritratto, ci tratteniamo per osservare e scoprire i riferimenti classici a cui le linee nitide di Vitruvio si ispirano. In questo modo, i designer García Cumini sublimano un modello che appartiene alla classicità e propongono una collezione di specchi contemporanea e tecnologicamente avanzata.

La classicità è un riferimento spesso presente nei vostri progetti…

La storia in generale, qualunque essa sia, rappresenta per noi un grande contenitore, un luogo di curiosità da cui attingere ispirazione. La storia ci serve anche come impulso iniziale per dare l’avvio a un progetto che, per noi, deve essere funzionale. La funzionalità è, per noi, fondamentale, ma la consideriamo strettamente legata all’estetica, alla geometria dell’oggetto. La forma di un nostro progetto è essa stessa funzione, non è una parte secondaria, ma è una qualità dell’oggetto che serve a trasmettere piacere, a riempire l’anima, un po’ come accade per le opere d’arte. In generale quando si parla di classicità spesso si pensa alla Grecia o a all’antica Roma, però possiamo guardare al neoclassicismo, agli anni ’50 o a periodi molto più vicini a noi storicamente. Riteniamo che il termine classico definisca ciò che si riferisce ad un modello esistente, ogni qual volta si usa un modello si compie un percorso classico, tuttavia non smettiamo mai di indagare spazi o periodi del passato che ci hanno comunicato qualcosa: per inventare una cosa nuova, bisogna avere una coscienza precisa della cosa passata. In buona sostanza ogni volta che si va a cercare un elemento di citazione, si gioca un gioco classico e si riannoda l’attualità con tutto ciò che sta dietro di noi. L’osservazione dell’archetipo, dell’essenza sostanziale delle cose è un altro degli aspetti a cui noi facciamo riferimento. Ci piace andare verso ciò che rappresenta l’anima di un soggetto che possiede un significato interessante e utile per il nostro lavoro. I simboli sono ancora un altro riferimento, essi sono il mezzo di comunicazione di un concetto. Per noi lo specchio Vitruvio rappresenta una metafora: le persone, se incuriosite, indagano e scoprono una storia dietro questo oggetto e ritrovano in esso un significato formale e funzionale che tende a rendere l’oggetto “tondo”, perfetto.

Per archetipo geometrico si intendono le linee o le figure geometriche semplici?

Più che alle linee semplici, ci riferiamo alle linee pulite, nitide, grafiche. In realtà arrivare a una semplicità del segno è un esercizio molto complesso. Colui che andrà, successivamente, a usufruire del progetto, dell’oggetto o del disegno del progetto, ne percepirà e ne intuirà la semplicità, ma purtroppo non conoscerà tutto il lavoro che c’è stato dietro. La semplicità è bella perché arriva subito ai nostri sensi percettivi, ma il modo per arrivarci, a volte, non è semplice. Per noi sarebbe bello poter trasmettere questo processo anche agli utenti finali, ma siamo già contenti quando è apprezzata la pulizia del segno perché, in maniera quasi inconscia, si capisce che, a monte, c’è stato un lavoro, un’elaborazione. Più si percepirà l’oggetto come semplice, più si intuirà la complessità del percorso che ci ha condotto alla semplicità di intuizione delle forme.