La sostenibilità è il vento che ci sta spingendo dall’era dei combustibili fossili all’era ecologica, un passaggio che riguarda molto da vicino l’architettura perché il mondo costruito contribuisce per il 70% alle emissioni di CO2 dei consumi energetici. L'articolo di Aldo De Vivo sul numero #328 del Bagno Oggi e Domani
La sostenibilità è un processo in relazione dinamica con l’ambiente, il welfare sociale e territoriale e la buona gestione economica. Non è un punto di arrivo, ma è un percorso adattivo verso cui si avviano imprenditori, progettisti e consumatori. In sostanza è la capacità di reagire alle difficoltà, recuperando l’equilibrio attraverso la riorganizzazione in chiave positiva della struttura sociale ed economica. La collaborazione e la condivisione delle esperienze e degli obiettivi sono la sua struttura portante, la competitività e la riduzione del rischio il suo motore. Per queste ragioni oggi rappresenta la direttrice che orienta la ricostruzione economica dopo la pandemia. Il tema del presente articolo è, appunto, l’analisi di alcuni aspetti della sostenibilità in architettura con uno sguardo privilegiato verso le scelte green per la realizzazione e l’allestimento del bagno.
Già nel 1975 Pier Paolo Pasolini, acuto pioniere della differenza sostanziale fra sviluppo e progresso, sosteneva negli “Scritti Corsari” che “il vero progresso, inteso come elevazione umana e morale per innalzare la qualità della vita, è solo nel segno della sostenibilità, mentre lo sviluppo apre le porte al consumismo e al pragmatismo economico”. Il termine sostenibilità è sempre più all’ordine del giorno, al punto che spesso viene utilizzato anche in maniera superficiale, senza chiarirne il vero significato e soprattutto la reale importanza. La questione è dovuta alla molteplicità di aspetti che questa parola accoglie e alle diverse applicazioni che un approccio di tipo sostenibile può includere nel territorio dell’architettura. Possiamo considerare per esempio la sostenibilità ambientale in un progetto disegnato in modo da avere il minimo impatto con il contesto naturale nel quale si colloca. Un’architettura che instauri una relazione virtuosa con il territorio dove si inserisce, senza alterare il paesaggio, anzi valorizzandolo, rendendolo evidente, perché fattore complementare del progetto. Poi c’è una sostenibilità intesa come assenza di sprechi, scelta di materiali riciclabili, sfruttamento di energia pulita e utilizzo di sistemi di climatizzazione passivi, naturali. Non possiamo escludere la sostenibilità culturale, rappresentata da istituzioni museali, pubbliche o fondate da mecenati privati, che scelgono location eccellenti o edifici di grande valore architettonico, per trasformarli in veri e propri scrigni per custodire la conoscenza del nostro tempo. E infine la sostenibilità sociale, rappresentata da architetture simbolo che si fanno manifesto di realtà più svantaggiate, luogo d’assistenza diretta ma anche veicolo di una nuova coscienza.
La definizione “architettura green”, più che descrivere un approccio disciplinare, individua una pratica culturale che prevede la progettazione e la costruzione di edifici a basso impatto ambientale e che imposta l’esercizio del progetto su una rinnovata relazione “empatica” con l’ambiente. La logica che ha caratterizzato le nostre città, e anche i nostri comportamenti, fino a questo momento è stata quella di risolvere un problema sovrapponendo complessità alla complessità, non tenendo in nessun conto delle reazioni ambientali né considerando il ciclo completo delle nostre azioni e facendo affidamento sul progresso tecnologico. La tecnologia ci ha consentito di migliorare le nostre vite fornendoci strumenti sempre più sofisticati per soddisfare le nostre esigenze, tuttavia ha anche prodotto stati di apparente benessere circoscritto al perimetro delle nostre abitazioni. Evitando qualsiasi inciampo passatista si può dire che oggi, non potendo (e non volendo) rinunciare ai numerosi vantaggi ed eccezionali progressi raggiunti dalla tecnologia, ci muoviamo verso un cambio di registro: si passa dal modello tecnologico a quello empatico laddove l’innovazione tecnologica si posiziona al centro della relazione tra le moderne esigenze di chi abita e il luogo che ci accoglie e diventa interprete del dialogo tra la persona e l’ambiente.
Questo è solo uno stralcio dell’articolo pubblicato sul numero 328 del Bagno Oggi e Domani. Leggi l’articolo sullo sfogliabile.
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